P. Faggioli*, L.Tissino **

*   Scleroderma Unit Legnano ASST Ovest Milanese Presidio di Legnano

** fkt UOS  Recupero e Rieducazione Funzionale  Presidio di Legnano ASST Ovest Milanese

 

La Sclerosi sistemica nel suo decorso colpisce in modo più o meno grave l’apparato muscolo scheletrico ed in particolare le mani, dove spesso le manifestazioni sono anche  quelle più precocemente avvertite, a partire da fenomeno di Raynaud. Le più frequenti alterazioni sclerodermiche  possono esser  comprese in tre stadi successivi:

  • edematoso: l’edema ( cioè il” gonfiore” delle mani)  limita la flessione principalmente la flessione delle articolazioni metacarpo-falangee (MCF) (alla base delle dita) e delle interfalangee prossimali (IFP) (tra la 1° e la 2° falange delle dita), ma la mano conserva ancora una discreta funzionalità
  • sclerotico: la cute progressivamente si ispessisce e si “accorcia” per cui ne deriva una perdita delle flessione delle MCF e una flessione coatta delle IFP con un graduale aspetto della mano in “griffe” o mano ad artiglio. In tal caso si ha una perdita maggiore della funzionalità della mano, anche se in molti casi l’atteggiamento in griffe, pur con notevoli limitazioni, conserva ancora un minimo di prensione
  • atrofico: la graduale perdita dello strato sottocutaneo e la conseguente fibrosi portano ad un assottigliamento della cute e dei tessuti per cui nelle regioni di maggiore frizione  o in quella particolarmente  flesse (spesso IFP e MCF) compaiono delle ulcere dolorose che, a differenza di quelle acrali, presentano una guarigione estremamente più lenta, non completa e spesso con fenomeni di sovrainfezione

Pertanto la mano sclerodermica appare notevolmente limitata nella flessione delle dita (articolazioni MCF), nelle estensioni delle dita (articolazioni IFP e IFD), nella flesso estensione ed opposizione del 1° dito (pollice) e da ultimo anche nei movimenti di flessoestensione del polso.

Prima ancora della applicazione di ausili (splint/ ortesi statici o dinamici), appare pertanto fondamentale una riabilitazione effettuata in modo cooperativo e gestita da terapisti esperti basata fondamentalmente sull’economia articolare che può esser appresa agevolmente dai pazienti. Tale terapia, utilizzabile in tutte le fasi delle alterazioni sclerodermiche,  infatti è finalizzata all’empowerment del paziente e all’apprendimento di tutte quelle tecniche e di quegli accorgimenti che permettono di ridurre il carico articolare nello svolgimento delle comuni attività quotidiane, utilizzando anche ausili disponibili in commercio, analogamente ad altre patologie reumatologiche (es stoviglie adattate con manipoli in gomma, ausili per calzare scarpe e calze ecc).

L’utilizzo di ortesi nel trattamento riabilitativo della mano sclerodermica, appare dunque utile anche se presenta moltissime difficoltà in quanto la valutazione e la scelta dei materiali deve esser più accurata in tale patologia, tenendo conto spesso delle deformità che il più delle volte non sono riducibili, la presenza di ulcere cutanee e di cute estremamente assottigliata o ispessita, la presenza di prominenze ossee e di zone  che possono andare incontro a lesioni da pressione provocate dall’ortesi stessa e dal materiale termoplastico e infine l’uso dell’ortesi finalizzata piuttosto al mantenimento di una postura corretta (splint generalmente notturni o da riposo) o piuttosto l’utilizzo durante la normale attività lavorative e nelle ore diurne (a tal proposito anche l’aspetto estetico dell’ortesi non deve esser sottovalutato

I principali obiettivi dell’uso delle ortesi nella mano sclerodermica sono:

  • mantenere adeguati rapporti articolari, evitando l’instaurarsi delle deformazioni
  • proteggere le zone cutanee soggette ad ulcerazioni, o comunque dolorose
  • diminuire  il carico articolare, ponendo il più possibile l’articolazione in stato di “riposo”
  • favorire una maggiore funzionalità manuale e ridurre il dolore
  • sopperire per quanto possibile alle attività limitate dal punto di vista funzionale

Le ortesi sono realizzate direttamente in presenza del paziente e modellate sulla mano del paziente in relazione alle sue necessità, sono in materiale termoplastico molto leggero, ma notevolmente resistente, che viene successivamente rifinito, adattato e posto in sede con l’aiuto di nastri in velcro di facile strappo. Spesso nel corso del posizionamento necessitano di più rifiniture a seguito anche dell’adattamento funzionale. In alcuni casi, soprattutto se limitate ai raggi delle dita, invece del materiale termoplastico si possono utilizzare particolari tipi di silicone che appaiono ben tollerati ma peraltro anche piuttosto flessibili e svolgono più una funzione protettiva che propriamente riabilitativa ( es  “ditali” per le ulcere acrali per evitare  le lesioni da pressione nello svolgimento delle attività abituali come ad esempio digitare su tastiere ecc..)

Accanto all’uso di ortesi, negli ultimi periodi si sta associando anche la tecnica del kinesiotaping che sembra dotato di una certa efficacia soprattutto nelle fasi precoci della malattia in cui è presente la fase edematosa, più che nelle fasi successive e scleroatrofiche.

Comunque l’impiego dell’ortesi non deve esser avulso da un programma di riabilitazione globale che preveda anche esercizi di stretching a livello delle mani, massaggi connettivali e tecniche di scollamento autogestiti dai pazienti stessi.