Ferdiando M.Massari – Tatiana Tonella*
UO Medicina Cardiovascolare
Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, e *Fondazione Polizzotto

La sopravvivenza nel mondo animale caratteristicamente presenta due estremi:
il colibrì che vive solo cinque mesi e la tartaruga che vive 177 anni.
Quale la differenza? il colibrì ha una frequenza di 660 battiti/minuto, la tartaruga
di 6 battiti/minuto, ma ciò che è “curioso” è che, considerando l’intera esistenza,
il numero di battiti è uguale per entrambi gli animali, ovvero 7.3 x 108.
Tra il colibrì e la tartaruga esistono poi una serie di mammiferi la cui durata della
vita è diversa l’uno dall’altro e Levine nel 1997 ha dimostrato come esista una
correlazione tra sopravvivenza e frequenza cardiaca; da questo studio emerge
altresì che se l’uomo seguisse queste “leggi” sarebbe destinato ad una vita media
di 20-25 anni circa (che era la vita media 1000 anni fa), una previsione del tutto
lontana dalla reale vita media oggi stimata in 80-85 anni.
La letteratura cardiologica ha recentemente valorizzato questo aspetto e ha
dimostrato che i soggetti che presentano una frequenza cardiaca più elevata
vanno incontro più frequentemente a eventi cardiovascolari, di qualsiasi genere,
e ciò sia che si considerino persone sane, ipertesi, coronaropatici oppure affetti
da scompenso cardiaco.
Perché la frequenza cardiaca é così importante? Perché quando va oltre il limite
normale, che é compreso tra 60 e 100 battiti al minuto, aumenta il consumo
miocardico di ossigeno, riduce il tempo di perfusione coronarica, accelera i
processi di aterosclerosi e rappresenta un primum movens per la fi ssurazione
della placca aterosclerotica stessa.
Se l’importanza di avere una frequenza cardiaca bassa é stata dimostrata nella
popolazione generale piuttosto che nei cardiopatici, nulla si conosce invece sulla
infl uenza che essa può esercitare in altre popolazioni che pure possono essere
tachicardiche: i diabetici, gli asmatici, i bronchitici cronici, gli ipertiroidei, i pazienti
affetti da immunopatia ed in particolare chi é portatore di sclerodermia.
Perché una sclerodermica é tachicardica? I motivi sono molteplici :
• il sesso femminile : le donne, di base, hanno una frequenza cardiaca
più elevata per una prevalenza di quello che viene defi nito il tono
simpatico ovvero quella parte del sistema innervativo cardiaco
deputato ad incrementare il battito;
• il coinvolgimento polmonare che riduce la quota di ossigenazione dei
tessuti;
il coinvolgimento del sistema autonomico, ovvero della innervazione
cardiaca con perdita di quell’equilibrio tra sistema innervativo che
riduce il battito e sistema innervativo che aumenta il battito, il tutto a
favore di quest’ultimo;
• il coinvolgimento pericardico : é frequente nella malattie immunitarie
che si infi ammi il pericardio, ovvero la sacca che avvolge il cuore ed
anche questo provoca un incremento delle pulsazioni ;
• il coinvolgimento del muscolo cardiaco : la sofferenza cardiaca di
per sé implica, come “reazione” compensatoria, un incremento della
frequenza cardiaca
• i farmaci utilizzati per vasodilatare il circolo polmonare e periferico,
vedi la nifedipina, il bosentan, il sildenafi l;
• ed ultima ma non ultima, la psiche: uno stato di tensione emotiva
aumenta le pulsazioni .
Cosa fare? I farmaci tradizionalmente usati per ridurre la frequenza cardiaca
sono i beta bloccanti ed i calcio antagonisti del tipo verapamil e diltiazem.
Nel paziente sclerodermico i beta bloccanti sono controindicati perché
aumentano il fenomeno di Raynaud; il verapamil ed il dilatiazem sono effi caci
ma fi no ad un certo punto e spesso occorre salire molto con le dosi: per fornire
dei riferimenti numerici il beta bloccante riduce la frequenza cardiaca rispetto
al basale del 15% mentre i calcio antagonisti del 7% .
Una molecola di recente acquisizione a tale scopo è l’ivabradina: essa agisce
selettivamente a livello delle cellule del nodo del seno, ovvero di quel gruppo di
cellule che nel contesto del muscolo cardiaco regola il battito. Non agisce quindi
a livello polmonare o a livello cutaneo risultando quindi, nello specifi co della
sclerodermia, del tutto ininfl uente su quelli che sono i disturbi tipici di questa
malattia.
Il farmaco certo, non infl uenza l’andamento della malattia sclerodermica, non ne
modifi ca la prognosi, non fa tornare indietro il coinvolgimento polmonare, non
migliora la saturazione di ossigeno a riposo e sotto sforzo.
Semplicemente, ma sensibilmente, vale a dire come i beta bloccanti e senza
avere gli effetti collaterali di questi farmaci, riducono, la frequenza cardiaca a
riposo e soprattutto durante attività fi sica per cui invece di avere un soggetto che
parte da 100/minuto a riposo e dopo due minuti del test del cammino arriva a
140/minuto avremo lo stesso paziente che parte da 75-80 battiti e magari riesce
a completare i sei minuti del test con una frequenza di 115-120 minuto .
E questo migliora la autonomia fi sica, migliora il senso di mancanza di respiro
che deriva dalla frequenza cardiaca elevata, migliora la tollerabilità allo sforzo ed
in ultima analisi migliora la qualità di vita .