L’ipertensione arteriosa polmonare rappresenta una complicanza severa della sclerosi sistemica. Si stima che circa il 7% dei pazienti affetti da sclerosi sistemica svilupperà nel corso della malattia un’ipertensione polmonare arteriosa. Questa drammatica complicanza è l’espressione di un progressivo aumento delle resistenze nel circolo polmonare arterioso associato a rimodellamento delle strutture vascolari. Tale condizione porta ad un affaticamento del cuore destro (la porzione del cuore deputata a inviare sangue ai polmoni per consentirne l’ossigenazione) e negli agli stati più avanzati allo scompenso cardiaco. La sintomatologia dell’ipertensione polmonare, specie nelle sue fasi iniziali, è altamente aspecifica ed è legata principalmente alla difficoltà che incontra il cuore nel far fluire il sangue in maniera efficace verso i polmoni e nel provvedere ad un’ossigenazione efficace dello stesso. Il paziente con ipertensione polmonare avverte inizialmente una facile affaticabilità e mancanza di fiato (dispnea) nelle attività fisiche non ordinarie o per sforzi relativamente intensi (ad esempio camminare in salita, salire le scale); tali sintomi diventano nel tempo sempre più insistenti e progressivi con dispnea presente anche per attività che richiedono uno sforzo modesto, talvolta accompagnata da malessere, senso di svenimento, dolore toracico, accelerazione del battito cardiaco, palpitazioni e rigonfiamento delle gambe legato a ritenzione idrica (edema). Nei casi più severi si assiste ad una sostanziale inabilità nel compiere qualsiasi sforzo con necessità di utilizzare dell’ossigeno, persino a riposo.

Sono stati individuati alcuni fattori associati allo sviluppo di ipertensione polmonare arteriosa in corso di sclerosi sistemica: fra questi i più rilevanti sono la forma limitata di malattia, una storia di malattia conclamata (con fibrosi cutanea limitata alle dita delle mani) più lunga di 10 anni, la presenza di un fenomeno di Raynaud particolarmente severo, una ridotta densità capillare alla capillaroscopia quale espressione indiretta di un danno microvascolare, la positività per anticorpi anti centromero, la presenza di telangectasie diffuse e, soprattutto, la presenza di una marcata riduzione della DLco alle prove spirometriche in assenza di una evidente interstiziopatia.

Oggi abbiamo a disposizione armi terapeutiche in grado di combattere alcuni dei meccanismi che portano allo sviluppo e al progressivo peggioramento dell’ipertensione polmonare arteriosa. Gli elementi che maggiormente influenzano la risposta alla terapia sono rappresentati dalla tempestività nell’effettuare la diagnosi e dalla correttezza stessa della diagnosi. In particolare i pazienti con ipertensione polmonare arteriosa scarsamente sintomatici sono quelli in cui si ha la maggior probabilità di ottenere una buona e duratura risposta alle terapie. E’ pertanto fondamentale effettuare esami di screening atti a individuare condizioni potenzialmente inquadrabili nel contesto di una ipertensione polmonare arteriosa. L’esecuzione periodica (anche in assenza di sintomi a cadenza semestrale nei soggetti maggiormente a rischio o annuale in tutti gli altri) di ecocardiodoppler e spirometria globale con lo studio della diffusione polmonare al monossido di carbonio, la ricerca di alcuni marcatori sierologici, la valutazione clinica e l’esame obiettivo consentono di individuare precocemente soggetti potenzialmente affetti da ipertensione polmonare arteriosa.

In tutti i soggetti in cui gli esami di screening mostrino alterazioni sospette (quali una riduzione della DLco e della DLco/VA in assenza di una riduzione dell’FVC; il riscontro di una dilatazione delle camere cardiache destre o di un incremento del gradiente di flusso atrio-ventricolare destro a livello della valvola tricuspide all’ecocardiodoppler; un calo della capacità contrattile del ventricolo destro; una dilatazione della vena cava inferiore o una sua ridotta collassabilità agli atti del respiro) risulta mandatorio effettuare un cateterismo cardiaco destro al fine di confermare la diagnosi e di individuare alcuni parametri fondamentali dal punto di vista prognostico. Una volta posta la diagnosi di ipertensione arteriosa polmonare ed escluse altre cause di essa, non strettamente legate alla sclerodermia (ad esempio la presenza di un danno delle valvole cardiache o la presenza di embolia polmonare) sarà indispensabile avviare un protocollo di trattamento e monitoraggio presso un ambulatorio dedicato al fine di ottimizzare il trattamento. Senza entrare nei dettagli fra i farmaci più utilizzati ricordiamo gli antagonisti recettoriali dell’endotelina, gli inibitori delle fosfodiesterasi, gli stimolanti delle guanilato ciclasi, le prostaglandine assunte per via inalatoria o parenterale. Per combattere questa devastante complicanza della sclerosi sistemica risulta fondamentale pertanto ottenere una diagnosi precoce e rivolgersi ad un centro esperto nella gestione dell’ipertensione polmonare dove cardiologi, pneumologi, e immunoreumatologi condividano la gestione di ogni singolo caso al fine di instaurare precocemente, di volta in volta, l’approccio terapeutico più indicato. Una particolare menzione è da riservare anche alla fisioterapia respiratoria, effettuata in centri esperti: questa terapia fisica si è rivelata efficace ed è in grado di migliorare significativamente la tolleranza allo sforzo e il quadro clinico generale. Pertanto i centri dedicati alla cura del paziente affetto da ipertensione polmonare devono appoggiarsi ad un centro altamente specializzato nella riabilitazione cardiorespiratoria al fine di disporre di un’altra arma efficace nel trattamento di questa severa complicanza.