Esistono vari tipi di anticorpi anti-PDGFRα: alcuni, condivisi dai pazienti affetti da sclerodermia e dai soggetti sani, non hanno effetti patologici sulle cellule coinvolte nello sviluppo della malattia; altri anticorp
E’ stato recentemente pubblicato online (PubMed) un articolo scientifico dal titolo “Epitope specificity determines pathogenicity and detectability of anti-PDGFRα autoantibodies in systemic sclerosis”. L’articolo, il cui primo autore è il Dr. Gianluca Moroncini, Ricercatore presso l’Università Politecnica delle Marche, ad Ancona, verrà pubblicato nel numero di luglio della prestigiosa rivista Arthritis & Rheumatology, giornale ufficiale dell’American College of Rheumatology.
Segnaliamo ai nostri lettori questo lavoro scientifico non solo in quanto è stato finanziato da un Premio Giovani Ricercatori GILS assegnato al Dr. Moroncini dopo un bando di concorso pubblico per progetti di ricerca, ma anche perché esso contribuisce a decifrare un aspetto finora controverso della patogenesi della sclerodermia, vale a dire il ruolo degli anticorpi diretti contro il Recettore del PDGF (PDGFRα).
Riceviamo dal Dr. Moroncini una sintetica descrizione dei risultati dello studio:
Partendo dai linfociti B memoria ottenuti da una paziente affetta da sclerodermia, lo studio appena pubblicato chiarisce, infatti, che esistono vari tipi di anticorpi anti-PDGFRα: alcuni, condivisi dai pazienti affetti da sclerodermia e dai soggetti sani, non hanno effetti patologici sulle cellule coinvolte nello sviluppo della malattia; altri anticorpi, identificabili solo nei pazienti sclerodermici, determinano invece l’attivazione dei fibroblasti e la eccessiva produzione di collageno che contribuiscono alla fibrosi tipica della malattia.
Inoltre, sempre mediante metodiche di ingegneria molecolare, lo studio identifica con precisione le regioni del PDGFRα dove si legano gli anticorpi pro-sclerodermici e descrive due potenziali applicazioni di queste nuove informazioni: da un lato l’utilizzo di peptidi del PDGFRα (che possono essere immaginati come piccoli segmenti del PDGFRα stesso, come se fossero mini-recettori) per sviluppare nuovi saggi diagnostici finalizzati all’identificazione degli anticorpi pro-sclerodermici nel siero umano; dall’altro, l’utilizzo di questi peptidi per bloccare l’attivazione dei fibroblasti e, di conseguenza, bloccare la progressione della fibrosi.
Ovviamente, per raggiungere questi ambiziosi obiettivi – da un lato la identificazione precoce di pazienti a rischio di sviluppare le forme più severe di sclerosi sistemica, dall’altro la creazione di nuovi farmaci a bersaglio molecolare specifici per questa malattia – saranno necessari numerosi ulteriori esperimenti, alcuni già in corso, che non potranno prescindere dall’utilizzo di nuovi modelli animali e dalla organizzazione di studi multicentrici supportati da idonei finanziamenti.
La Redazione del GILS