Raffaella Scorza (Da “Il giornale contro la Sclerodermia” Anno 17 – numero 1)

Se è vero che la sclerosi sistemica è una malattia rara, è altrettanto vero che non lo è affatto l’epatite C. E’ perciò possibile che l’esperto di sclerosi sistemica si trovi a dover affrontare, in un singolo paziente il doppio problema rappresentato dalla coesistenza delle due patologie. Non è un problema di poco conto”, spiega il dott. Guido Poggi del dipartimento di Oncologia della Fondazione Maugeri di Pavia. “come è la fibrosi polmonare idiopatica – prosegue il ricercatore di Pavia, anche nel paziente sclerodermico l’infezione da virus dell’epatite C (HCV) potrebbe  favorire lo sviluppo e la progressione della fibrosi polmonare. Un secondo grosso problema è poi rappresentato dalla terapia dell’epatite, che in alcuni casi è assolutamente indispensabile per bloccare la rapida evoluzione verso la cirrosi e l’insufficienza  epatica o addirittura l’epatocarcinoma”. Il problema è rappresentato dal fatto che la ribavirina, antivirale usato per l’epatite da HCV, da sola non è in grado di eliminare l’infezione, eliminazione che è invece più facile se alla ribavirina si associa l’interferone alfa. “L’interferone alfa (IFN alfa) viene adoperato malvolentieri nei pazienti con malattie autoimmuni  – spiega ancora il dott. Poggi – E’ infatti una terapia che può indurre autoimmunità (basta pensare allo sviluppo di tiroidite autoimmune nei pazienti epatopatici trattati con IFN) e può peggiorare le malattie autoimmuni esistenti, accelerandone la progressione”. E’ per questo che i pazienti con sclerosi sistemica ed epatite HCV correlata vengono sorvegliati ma non trattati per quanto riguarda l’infezione “ A meno che non sia proprio indispensabile, come è stato il caso di un nostro paziente, una sclerodermica di 55 anni con epatite rapidamente progressiva – afferma il dott. Poggi. Pur con un certo timore i medici di Pavia hanno deciso di trattare la paziente con la terapia standard dell’epatite C, ribavirina + IFN alfa, sottoponendo però la paziente ad un serrato monitoraggio per quanto riguarda l’evoluzione della sclerosi sistemica, soprattutto a livello polmonare. Nel periodo di somministrazione dell’IFN la paziente ha avuto in realtà un lieve peggioramento della funzione polmonare – spiega ancora il dott. Poggi -, peggioramento che è rimasto stabile nel tempo a distanza di 24 mesi dopo la sospensione del farmaco; la terapia ha però controllato l’infezione da HCV e  rallentato in maniera significativa l’evoluzione della malattia epatica” “E’ evidente che la nostra è una esperienza singola e che una rondine non fa primavera – conclude il medico di Pavia- E una segnalazione comunque importante che, pubblicata su Gastroenterology Research and Practice, è messa a disposizione degli sclerodermologi e suggerisce che, con le opportune cautele e quando vi è una necessità reale, la terapia dell’epatite C con IFN nei pazienti sclerodermici potrebbe non rappresentare un tabù”